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Laura Santamaria

Laura Santamaria è nata a Monza nel 1976. Vive e lavora a Milano.

Ha studiato Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano (vincitrice del Premio Brera, Fondazione A. Pini, Salon I, Milano 1999), e Scultura come studente Erasmus presso "Loughborough University School of Art and Design", Loughborough, Inghilterra, GB.
Le sue opere (installazioni, pitture, fotografie) sono state esposte in Italia, Austria, Spagna, Slovenia, Gran Bretagna, Francia, Lituania, Portogallo, Polonia prendendo parte a numerose esposizioni collettive; tra le recenti Plener Muzeum Zwiazek Polskich Artystow Plastykow, Katowice, Poland, JEUNE CREATION EUROPEENNE a cura di A. Sainte Fare Garnot, A.Ponsini, commissario artistico Italia S. Solimano, E. Marasco. BIJCEM, Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo, Castel Sant’ Elmo, Napoli, direzione artistica Achille Bonito Oliva.
Alcuni workshop seguiti: con Alterazioni Video presso il Docva (2009), con Jorge Peris direzione artistica Gail Cochrane, presso la Fondazione "Spinola Banna" per l’Arte (2008). Media in Flux, con Geoffrey Hendricks (2004), Corso Avanzato di Arti Visive della Fondazione "Antonio Ratti" con Giulio Paolini (2002).

 


 

"HIPPIES", Fotografie digitali – sequenza fotografica, n.3, 150 x 100 cm



Hippies è un viaggio nello spazio e nel tempo, spazio condiviso, tempo in comune, per volontà o per forza, in mezzo al mare, verso meta ignota. Lo scorrere del tempo si traduce nelle sovraposizioni di movimento di un equipaggio che tace la sua storia, le relazioni tra i membri… Di queste restano i “vapori” di corpi fluttuanti che si fondono e si confondono, unendosi come in un corpo unico. Questa stratificazione di punti vista del medesimo luogo in movimento è metafora della convivenza di plurime diversità nel contesto dell’imbarcazione: le immagini che ne risultano sommano i modi in cui la medesima circostanza è vissuta dalle diverse persone che la partecipano. Nessuna delle singole visioni avrebbe fotografato la verità di questa situazione: solo nascondendo, alterando, l’apparenza di ognuno dei singoli e cercando di «armonizzare» le diverse visioni possibili ci si avvicina alla costruzione di un’immagine che anela al vero, solo venendo meno alle modalità con cui i singoli occhi fotografano i contesti visivi si vede “oltre”, si fotografa la verità, il tempo nel suo perpetuo divenire, mutare, essere altro, altrove! Tutto ciò Laura Santamaria lo tiene bene a mente e lo traduce in questo imponente trittico in cui ognuno di noi è catturato, preso nel viaggio, risucchiato in quella dimensione spazio/temporale che è l’opera, la quale è stata studiata per proiettare il visitatore all’interno dell’immagine, perché possa condividere anch’egli quel tempo trascorso e così sempre vivo, compartecipato. Su questa imbarcazione non vi sono clandestini, non vi sono gerarchie di sorta, ognuno concorre con la propria visuale alla formazione di un luogo mobile in cui «non esistono certezze, né punti fermi, si è uguali, si è spinti a trovare armonia per poter meglio condividere lo spazio circoscritto.»

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